> Ossia… come vincere la resistenza al cambiamento. Il racconto zen che descrive perché bisogna uscire dalla Comfort Zone per evolversi. Studio Mario Silvano 67 Rimanere fedeli alle abitudini e alla routine il più delle volte è causa delle nostre insoddisfazioni perché spesso “continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto, aspettandoci risultati diversi” come diceva Albert Einstein. Questo racconto zen esprime con grande efficacia il concetto. UNA TRAPPOLA SUBDOLA È abbastanza facile intuire che la “mucca” altro non è se non la metafora per rappresentare quelle situazioni che non ci permettono di migliorare, ma dalle quali non ci distacchiamo per abitudine e per paura del cambiamento. La nostra “Comfort Zone” è una vera e propria trappola che impedisce alle persone di progredire e realizzare i loro obiettivi e i loro sogni, sia in ambito professionale sia personale. È molto più facile coltivare il nostro orticello che pensare di uscire ed affrontare un cambiamento che potrebbe portarci ad avere risultati migliori. Ci sono persone che si occupano di vendita che perseverano nell’avere gli stessi clienti che non possono dare loro più di quello che già hanno dato, pur di non dover affrontare l’ignoto, di non provare a contattare qualche cliente nuovo per «C’era una volta un maestro Zen, che una volta all’anno si recava in visita alle terre nella regione dove il suo monastero era sito. Un giorno, mentre camminava nella campagna con un discepolo, ad un tratto si imbatté in una umile casa di legno, abitata da una coppia e dai loro due figli. Tutti erano vestiti miseramente, con abiti sporchi e strappati. Avevano i piedi nudi e sia la casa che la terra circostante mostravano una condizione di estrema povertà. Il maestro e il discepolo furono accolti dalla famiglia ma con estremo rammarico il padre disse al maestro: “Siamo poveri, non abbiamo che da offrirvi una minestra e per fare ciò i nostri due figli non potranno avere la loro. Tutto ciò che abbiamo è una mucca che ci dà il latte ogni giorno. Una parte del latte serve a noi per vivere, l’altra parte la vendiamo per poter pagare le spese. In questo modo sopravviviamo.” Il maestro ed il discepolo si fermarono per la cena e al termine, dopo aver ringraziato la famiglia per il loro buon cuore, salutarono ed uscirono. Allontanandosi il maestro disse al discepolo: “Cerca la mucca, portala in cima alla scogliera e spingila giù dal burrone”. Il discepolo trasalì, perché la mucca era l’unico mezzo di sussistenza di quella povera famiglia, ma ubbidendo al maestro e con grande rammarico spinse la mucca nel precipizio. Passarono gli anni ed il maestro morì. Un giorno il discepolo che era diventato monaco, decise di tornare in quel luogo per scoprire cosa la sorte avesse riservato a quella povera famiglia. Avvicinandosi a quel luogo iniziò a vedere campi coltivati, una bella casa, una stalla e molti bambini che giocavano in un bellissimo giardino. Il monaco fu sorpreso, credendo che quella povera famiglia avesse dovuto vendere tutto per sopravvivere. Poi chiese al padre di famiglia quello che era successo e lui, con un sorriso rispose: “Avevamo una mucca che ci dava il latte e grazie a quella sopravvivevamo. Una notte la mucca cadde dal dirupo e morì. Da quel giorno siamo stati costretti a fare nuove cose, a coltivare la terra, a costruire utensili e a sviluppare nuove abilità che non sapevano di avere. In questo modo, seppure con molta fatica, abbiamo cominciato a prosperare e le nostre vite sono cambiate».
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