51 Denny Turi > Quando si valutano le rotazioni dei prodotti per deciderne le sorti nei nostri cataloghi, è importante non farsi prendere dall’impeto. Perché le prospettive di chi produce, rivende, utilizza, non sempre risultano convergenti a un primo sguardo superficiale. In qualche anfratto tra un vecchio catalogo di cui spiace disfarsi, con l’odore dell’umida polvere incollata alla carte, negli uffici in cui si respira ferramenta, ci sarà sicuramente una rivista dei tempi in cui ancora le calcolatrici erano a Lire, con il classico imperdibile approfondimento sulle performance di produttori o di grossisti pesati per il fatturato dell’ultimo bilancio, per i metri quadri dello stabilimento, per gli addetti e, solo per i più avvezzi, per il numero degli articoli trattati, o cosiddette referenze. E il motivo c’è per due diversi termini: un tassello in nylon potrebbe essere definito articolo; le 12 differenti misure di tale articolo, deve essere definita referenza, termine che riporta in memoria le gamme, altro termine abitualmente abusato in GD/GDO per la conquista dei metri forati. La maggior parte delle aziende nasce con un’idea di assortimento centrale e quindi una gamma centrale, solitamente di pochi articoli, su cui si concentrano le proprie produzioni, e il proprio commercio; tali aziende avviano l’attività cercando il consenso di pochi grandi rivenditori attraverso pochi strategici agenti; creano una base finanziaria, e con i primi utili cominciano a investire progressivamente negli ampliamenti di gamma che rappresentano, almeno in fase iniziale, varianti di pesi, potenze e misure di quanto già trattato. Questa fase rappresenta una ovvia offerta di servizio a completamento del prodotto o dei prodotti centrali. Non è di questo che intendiamo parlare. Intendiamo invece parlare della diffusa riluttanza esistente nelle neonate aziende nel far crescere il catalogo. Il motivo principale di tale comprensibile prudenza, è in relazione al costo che ogni articolo in più rappresenta per l’azienda. Una fabbrica di abbigliamento antinfortunistico, per un modello di pantalone da lavoro, porta come minimo due colori e sei misure, per un totale di ben 12 referenze da realizzare, e stoccare in magazzino. Ma attenzione: servono almeno dieci modelli, con relativi varianti colori e misure per poter essere presi sul serio. Ed è così che, antinfortunistica a parte, il concetto dell’ampio assortimento è oggi quanto mai imprescindibile ma pesa per i costi di produzione e di stoccaggio in attesa e speranza della vendita. Un grossista di ferramenta che oggi non offre alla propria clientela almeno 20000 Referenze (a meno che si tratti di specializzato in un puntuale settore merceologico), è al limite della credibilità, senza considerare che tutti questi articoli vanno identificati, acquistati dai giusti fornitori, stoccati in magazzini organizzati, stampati su un adeguato catalogo, pubblicati sul proprio portale on-line, e gestiti per le relative giacenze. Abbiamo quindi capito che, il problema della vastità delle referenze in ferramenta, se è serio per chi produce, è serissimo e assai complesso per chi distribuisce, tanto da rappresentare la più rilevante voce di costo dell’Impresa. Basta immaginare due aziende in parallelo; la prima che acquista e rivende 1000 articoli, e la seconda 30000, sempre nel nostro mondo ferramenta, per comprendere quali e quanti costi comporti
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