dicembre2024/gennaio2025 iFerr 89 www.iferr.com Carlo Urso pratica singoli “ricevitori” in attesa di chiamata che definiscono lo standard nell’interazione tra software. Queste architetture per microservizi sono le cosiddette API, testualmente Application Programming Interface, ovvero protocolli e regole che consentono a diverse applicazioni software di comunicare tra esse). L’uso corretto di tali strumenti consente quindi utilissime aperture al mondo esterno. Identificate le possibili soluzioni, si corre comunque il rischio di rivolgersi ai fornitori delle stesse applicazioni che, seppur competenti specificatamente, ad esempio, per sistemi gestionali o di tracciabilità magazzino, potrebbero non avere il necessario background, la necessaria visione d’insieme, di ciò che risulti poi essenziale in fase di riprogettazione, affinché tutti i dati possano essere utilizzati dai vari reparti, da player esterni all’azienda; soprattutto dai propri clienti. L’IMPORTANZA DI UN MIDDLEWARE Risulta determinante l’impiego di software che fungano da middleware (intermediari) capaci di fare da traduttori simultanei per interpretare e armonizzare le informazioni, per renderle finalmente fruibili, e porre un’ipoteca per la interoperabilità semantica. L’esperienza insegna che questi non sono solo problemi dell’IT (Information Technology), ma piuttosto problemi che l’imprenditore, in prima istanza, deve in prima linea affrontare; il reparto IT può anche trasferire dati da un sistema all’altro, ma non è detto che il significato di tali dati risulti chiaro. L’esempio più comune e facilmente comprensibile lo offre la situazione in cui vengano importati listini di Fornitori con l’obiettivo di generare automatismi nell’acquisizione ordini da Clienti, laddove i sistemi devono comunicare uniformemente per codici prodotto, per le descrizioni, le unità di misura, etc, per scongiurare continui costosi interventi manuale. Altro esempio di problemi di intercomunicazione lo si riscontra in quelle aziende che hanno iniziato a censire i propri articoli molto tempo fa, magari con processi manuali, e poi, nel tempo, al fine di migliorare, hanno introdotto codifiche e metodologie diverse, con l’effetto indesiderato che, anche tra reparti della stessa azienda, ci si ritrova con semantiche diverse, e quindi, ancora una volta, dispersioni di tempo. LE QUATTRO AZIONI CHIAVE • Intraprendere l’azione con l’imprenditore che deve dettare le linee guida ed illustrare ai consulenti i punti di forza che contraddistinguono la sua attività. • Adottare la giusta mentalità incentrata sui dati, smettendo di concentrarsi sulle applicazioni; bisogna quindi pensare in maniera globale: le applicazioni devono condividere, tra esse, dati. • Evitare interfacce dati proprietarie chiedendo invece espressamente ai fornitori degli applicativi, che questi possano dialogare con sistemi esterni, attraverso le API. • Sfruttare l’intelligenza artificiale e la tecnologia incentrata sulla conoscenza, per consentire agli standard dei dati di apprendere, di evolversi e di espandersi. Oggi l’AI apre nuove frontiere, e indica che, in un futuro ormai prossimo, molte attività potranno essere totalmente automatizzate, come la lettura di un DDT in entrata, o l’acquisizione dei serialnumber con telecamere. Sembra un sogno, ma… a pensarci bene, tutto parte da una buona pianificazione!
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