settembre 2025 iFerr 107 www.iferr.com Ester Lamacchia nel “sistema” fatica a vederlo e a valutarlo nella sua interezza. Anche il manager più attento può perdere la visione d’insieme, leggere il conflitto solo dal proprio punto di vista o essere identificato da altri come parte del problema, e non è raro che, senza volerlo, sia proprio chi guida ad aver contribuito, o addirittura dato origine, al conflitto. In questi casi, il paradosso è evidente: chi ha innescato la dinamica è poi chiamato a gestirla! Ma come può chi è parte del problema diventare anche la soluzione? A rendere tutto più complesso, c’è che molti conflitti che si manifestano come “organizzativi” hanno origini lontane; ruoli ambigui, obiettivi divergenti, difficoltà comunicative… tutto vero, ma spesso questi fattori attivano o amplificano dinamiche personali profonde, che i singoli portano con sé senza saperlo; ferite passate, insicurezze relazionali, paure non elaborate… elementi che non appartengono all’azienda, ma che dentro l’azienda trovano espressione. E proprio qui si nasconde il limite dello sguardo gestionale: è naturale analizzare ciò che accade in termini di processi, funzioni e ruoli, ma quando il nodo non è solo “cosa è successo”, bensì “perché quell’episodio ha innescato una reattività emotiva così forte”, la gestione ordinaria non basta più, e non deve nemmeno bastare! Non è infatti compito dell’imprenditore addentrarsi nei vissuti emotivi dei propri dipendenti; il suo ruolo è guidare il sistema, non gestirne l’inconscio. IL VALORE NASCOSTO DEL COUNSELING Ed è qui che il counseling può fare la differenza; il counselor lavora su un piano diverso; quello relazionale, emotivo, ed identitario; egli vede ciò che spesso sfugge, come la fragilità dietro un comportamento aggressivo, o il bisogno dietro una resistenza, o la paura dietro un rifiuto. Quando il conflitto si irrigidisce, non è più una questione di contenuti, ma di identità minacciate, di ruoli confusi, di emozioni che non trovano parole. Un dipendente che si oppone con forza a un cambiamento potrebbe non essere “resistente”, ma spaventato da una perdita di controllo. Un individuo che reagisce in modo brusco o provocatorio potrebbe non essere una “persona difficile”, ma sotto pressione per una storia di mancato riconoscimento; un silenzio prolungato, un ritiro improvviso, possono raccontare un bisogno di protezione, più che un atto di chiusura. Il counseling non serve a trovare colpevoli né a giustificare i comportamenti; serve invece a capire davvero cosa sta succedendo, anche sotto la superficie; aiuta le persone coinvolte a riconoscere il proprio ruolo nel conflitto, senza colpe, ma con responsabilità. Basta a volte cambiare punto di vista per vedere che, un atteggiamento rigido, nasconde un bisogno inascoltato, o che un gesto offensivo è il frutto di una frustrazione accumulata. Quando questi aspetti vengono messi in luce e nominati con rispetto, qualcosa cambia, non perché tutti siano d’accordo, ma perché ognuno si sente considerato per ciò che sta vivendo, e solo quando ci si sente riconosciuti, si è davvero pronti a cambiare. Nella seconda parte, nel prossimo numero, entreremo dentro questo spazio e racconteremo, passo dopo passo, come si struttura concretamente un intervento di counseling in azienda, nel caso di un conflitto relazionale ad alta intensità. Ha maturato oltre trent’anni di esperienza nel settore bancario, ricoprendo ruoli manageriali in diversi istituti di credito e sviluppando una solida competenza nella gestione delle persone. Laureata in Economia, ha coltivato parallelamente un profondo interesse per la psicologia, fino a conseguire l’abilitazione come Professional Counselor in Antropologia Personalistica Esistenziale, certificata dalla FAIP Italia Counseling. L’intervista completa è disponibile sul numero 122. Gli articolo sono disponibili su iFerr 123, 124, 125 e 126. Email: ester.lamacchia65@gmail.com ESTER LAMACCHIA “ MOLTI IMPRENDITORI SI SENTONO COMPETENTI NELLA GESTIONE DEI CONFLITTI: ESSI HANNO SEGUITO CORSI, FATTO ESPERIENZA SUL CAMPO, IMPARATO A MEDIARE, A TENERE IL PUNTO, E A RICONOSCERE I SEGNALI PRIMA CHE DIVENTINO ESPLOSIONI; MA ANCHE LA MIGLIOR LEADERSHIP HA UNA SOGLIA OLTRE LA QUALE NON PUÒ PIÙ ESSERE NEUTRA”
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