ASSOFERMET: NO ALL’ESTENSIONE DELLA NOTIFICA PER L’EXPORT DI ROTTAMI
E’ entrata in vigore il 6 luglio l’ennesima disposizione di legge che modifica nuovamente la tempistica della notifica preventiva al MIMIT e al MAECI sull’export di rottami ferrosi dall’Italia verso Paesi extra UE, portandola a 60 giorni rispetto ai venti prima previsti (Art. 6-ter Legge 3 luglio 2023, n. 87, di conversione del D.L. 10 maggio 2023, n. 51). Lo denuncia in una nota Assofermet, l’associazione che mette insieme 430 imprese del commercio e della distribuzione di acciai, metalli e residui ferrosi.
In questo modo viene ulteriormente anticipato il termine originario di dieci giorni. Si tratta della seconda modifica che interviene su questo aspetto chiave della norma, che obbliga gli esportatori a programmare le operazioni oltremodo in anticipo rispetto al passato. È noto che risulta quasi impossibile riuscire a prevedere la data di esportazione in dogana per le numerose variabili (logistiche, contrattuali) che necessariamente intervengono in queste complesse operazioni. L’anticipo della tempistica in esame va ad incidere su un elemento chiave di tali operazioni, rendendone complicata in misura maggiore la programmazione con la controparte estera, al punto tale da impedirne la realizzazione. Il commercio internazionale non è quindi tarato per concordare un prezzo a 60 giorni, ma al massimo a 20.
Per non incorrere nelle violazioni di natura penale delle prescrizioni autorizzative relative agli stoccaggi massimi consentiti, il rottame in surplus, giacente presso gli impianti autorizzati delle imprese del settore, deve necessariamente trovare vie alternative. La siderurgia italiana è abbondantemente coperta non solo da un gettito di rottame sul mercato dell’Unione europea di fatto inutilizzato e non solo, ma anche da Paesi extra UE a cui le acciaierie italiane fanno ricorso nei momenti di mercato favorevoli allo scopo di migliorare la propria competitività.
La costante disponibilità di questa risorsa, che rimane pienamente accessibile anche della nostra siderurgia, è tale per due essenziali ragioni:
- il copioso gettito interno UE di rottame che si aggira circa sui 90 milioni di tonnellate;
- diversamente dal nostro Paese, la siderurgia dei restanti 26 Paesi membri UE è nel complesso prevalentemente a ciclo integrale (BOF UE: 56,3% – equivalente ad una produzione di acciaio 2022 di 76,7 Mt.), mentre l’Italia ha solo uno stabilimento a ciclo integrale, quello di Taranto, di Acciaierie d’Italia (ADI).
Essendo quindi la produzione di acciaio UE in prevalenza da minerale di ferro e non da rottame per mezzo di forni elettrici (EAF UE: 43,7% – equivalente ad una produzione di acciaio 2022 di 59.5 Mt.), si registra un costante surplus di rottame ferroso, in eccesso rispetto al reale fabbisogno interno, che resta da numerosi anni insufficiente per le precedenti ragioni di processo produttivo. Questa situazione si è aggravata negli anni a causa della costante diminuzione della produzione di acciaio a livello UE (nel 2008 era di 198 Mt., a fronte di un export di 12,7 Mt. – nel 2022 è stato di 17,7 Mt., a fronte di una produzione UE di 136,2 Mt.), generando una crescita dell’export di rottame dalla UE.
Per Assofermet è quindi necessario un intervento del Governo ai fini del ritiro del provvedimento in esame (nuovamente prorogato sino al 31 dicembre 2026) o, perlomeno, di ripristino dei 20 giorni prima dell’operazione di esportazione, reintroducendo, in ogni caso, anche la data di scadenza al 31 dicembre 2023. Da qui la richiesta di un incontro a Federacciai, ben sapendo che la decarbonizzazione sarà una sfida comune, nella quale il nostro settore giocherà un ruolo unico e insostituibile a fianco della siderurgia nazionale.